Castiglione Mantovano

Alcuni cenni storici

La storia

Come dimostrato da alcuni siti archeologici, i primi insediamenti umani comparsi sul territorio di Castiglione Mantovano risalgono al Neolitico (6000 – 2500 A.C.); numerosi siti testimoniano la permanenza di villaggi in questa zona anche nei successivi periodi del bronzo e del ferro.
Dopo il dominio Gallico (V° sec. A.C.) subentrarono nel IV° sec. A.C. i Celti, che permasero anche nel secolo successivo.
Se non per la presenza di qualche insediamento paleoveneto proprio nei pressi del castello di Castiglione Mantovano, il periodo successivo è scarsamente rappresentato.
Il territorio fu abitato dai Romani dal II° sec. A.C., quando questi avevano intrapreso la conquista della Lombardia, e lo fu fino alla caduta dell’impero Romano d’Occidente (V° sec. D.C.). Anche questo periodo è ben documentato non solo da numerosi siti archeologici ma anche dalle tracce della centuriazione sul territorio.
Non si hanno notizie certe del periodo che intercorre tra la fine della dominazione romana e l’alto medioevo (VI° - VIII° sec. D.C.), se non quelle desumibili dalla presenza di un paio di siti di origine medievale. D’altra parte, dal 476 D.C. ( caduta dell’Impero Romano), si succedettero una lunga serie di invasioni barbariche che contribuirono al degrado sociale e culturale tipico di questa epoca. Viceversa, l’insediamento prima dei Longobardi (603 D.C.) e poi dei Franchi, portò trasformazioni positive sulle strutture economiche e sociali: si consolidarono infatti nuovi nuclei abitativo-rurali meglio distribuiti sul territorio.
Verso la fine del X sec., un po’ tutto il Mantovano era parte dei vasti possedimenti dei conti da Canossa; in seguito, dopo la breve parentesi della famiglia Bonacolsi a cavallo tra il XIII e il XVI sec., andò affermandosi la dinastia dei Gonzaga.
Nel 1310 Castiglione Mantovano è vicariato e contiene anche Roverbella, elencata già tra i possedimenti di Corrado Gonzaga. Di sicuro Roverbella esisteva già dal 1182 (Doc. n°20 Arch. Capitolare A.S.Mn) ed il castello di Castiglione Mantovano dal 1229.
La famiglia emergente dei Gonzaga, che si affermerà definitivamente dopo la congiura contro i Bonacolsi del 1328, già precedentemente aveva iniziato ad acquisire progressivamente terre nel Mantovano e anche nei dintorni di Roverbella (1257-1279), tra cui ben 11000 biolche attorno al castello di Castiglione Mantovano (A.S.Mn A.G. b. n°2881).
Tra i religiosi era già consolidata soprattutto la presenza dei frati Benedettini del monastero di San Ruffino (successivamente aggregatisi al Monastero di San Sebastiano).
La presenza dei Benedettini nel Mantovano aveva avuto inizio nel 1007, quando il casato dei conti di Canossa aveva iniziato una serie di donazioni al loro monastero; anche a Castiglione, in località Fienili, era presente un monastero benedettino ed una chiesetta nominata San Bovio. Ai monaci si deve principalmente il merito di aver intrapresero le prime opere di bonifica e di regolamentazione delle acque. In seguito, i loro possedimenti passarono in blocco ai Gonzaga.
Dal ‘400 (e specie con il marchesato di Federico Gonzaga iniziato nel 1478) la famiglia Gonzaghesca cedette a sua volta le proprietà in appezzamenti più o meno ridotti. Questo fu un periodo tranquillo, durante il quale Castiglione venne eretto a Parrocchia (1400) e potè aggiungere nel 1454 al suo nome la qualifica di Mantovano.
Nel 1484, però, si respirava nuovamente aria di guerra: i duchi di Ferrara, Calabria e Mantova, si coalizzarono contro le forze venete (specie Venezia) capeggiate dal Sanseverino; come si vedrà nel capitolo relativo al castello, la battaglia coinvolse anche Castiglione, i cui abitanti trovarono rifugio nel loro castello.
L’inizio del ‘500 portò con se un periodo di pace, ben governato dai Gonzaga.
Nel 1533 è divertente ricordare una curiosità che interessa il territorio castiglionese: in quest’anno si verifica una vera e propria invasione di cavallette, tanto che i Gonzaga, allarmati, inviano al commissariato di “Castion Mantuano” (che comprendeva anche Roverbella, Malavicina e Pellaloco) un’ordinanza da affiggere nelle chiese e nei luoghi più frequentati, affinché si provveda all’eliminazione con urgenza di tali insetti, quanto mai pericolosi per i raccolti.
I Gonzaga intraprendono numerose opere idrauliche nel territorio mantovano, e queste interessarono anche i terreni castiglionesi. La fossa di Pozzolo, che fu costruita proprio dai Gonzaga, è alimentata dal fiume Mincio e fornisce l’acqua alla rete di corsi idrici del territorio roverbellese. Tra questi il principale è la Molinella, il cui percorso è tangente al centro urbano di Castiglione Mantovano. Non meno importante è però la fossetta Gardesana (progettata durante il dominio del Duca Francesco III, 1540-1550), specie per l’irrigazione dei terreni di Pellaloco.
Il periodo di pace del ‘500 non è destinato però a durare a lungo:
Nel 1630, assieme a Mantova, anche Castiglione deve subire il saccheggio dei Lanzichenecchi.
Dal 1701 al 1714, si combatte in Italia e in Europa la guerra di successione al regno di Spagna. Nel 1702, il Ducato di Mantova, sotto il decimo Duca Ferdinando Carlo, divenne teatro di guerra tra i due opposti schieramenti: gli Imperiali da un lato, e le milizie franco-spagnole dall’altro. Anche Castiglione Mantovano subì le conseguenze di quello scontro quando l’armata degli Imperiali, condotta dal principe Eugenio di Savoia, nella sua discesa dal Nord, incontra le milizie franco-spagnole che avevano precedentemente occupato la città di Mantova. In una di quelle battaglie, come affermato da un documento d’archivio, l’allora parroco di Castiglione Don Bresciani venne ferito. Dopo la parentesi Francese, si ritorna al governo Austriaco con le riforme di Maria Teresa d’Austria, tra le quali si ricorda l’introduzione del “Catasto teresiano”.
Nel 1848 inizia la lotta per la liberazione della nostra patria, da lungo tempo sotto il dominio Austriaco. Il Re Sabaudo Carlo Alberto, incoraggiato dalle positive insurrezioni in atto a Milano e Venezia, si interessa alla situazione italiana, e in quella data dichiara guerra all’Austria. Il 25 Marzo dello stesso anno, gli eserciti piemontesi, iniziarono la marcia verso il Lombardo-Veneto, costringendo le truppe austriache isolate alla ritirata. Due giorni dopo, Castiglione venne saccheggiata da una compagine ungherese. Chi potè si salvò fuggendo o nascondendosi nei luoghi più disparati. Nemmeno il parroco don Bertolani venne risparmiato: rifugiatosi nell’osteria e scovato, cercò di smuovere le intenzioni cruente dei soldati per salvare i suoi parrocchiali ed i prigionieri. Le sue suppliche non vennero accolte, ed anzi venne ucciso sul momento con una fucilata.

 

Il Castello

Il castello, con tutta probabilità, sorse su un antico “Castrum”, forse costruito dal Gen. Romano Silicone( Amadei, Cronaca Universale della città di Mn. Vol.I° p. 80). Presumibilmente esso fu costruito nell’ambito di un programma più ampio, che vide la costruzione di altri castelli nel vallo difensivo fra il Mincio ed il Po. In quel periodo infatti, precisamente nel 403 D.C., l’Impero Romano era in guerra con i Visigoti che, capeggiati da Alarico, saccheggiavano l’Italia intera.
“Castel Stilicone” fu quindi verosimilmente il nome che il generale attribuì in suo onore al castello; questo nome venne con il passare del tempo associato anche al borgo circostante, e tramutato in “Castiglione”.
Il castello sorge su un rilievo naturale (di circa 6-8 m sul piano di campagna), che è un elemento assai singolare in una zona dalla morfologia assolutamente pianeggiante; esso domina il territorio ove un tempo correva la linea di confine celtica della “Padana Gallica”, in una zona che allora come oggi, era di confine tra due regioni: la Lombardia e il Veneto. Esso doveva infatti servire sin dall’origine, come avamposto alle vie d’accesso a Mantova.
Nel 1228, la borgata Castiglionese viveva in regime repubblicano; vogliosa di lavorare e produrre in pace, riedifica il castello distrutto in fasi successive dai Veronesi e ne ripristina la funzione difensiva contornandolo con fosse e barricate. Nel 1370, Ludovico Gonzaga, per difendersi dagli assalti di Bernabò Visconti, ne rinforzò le mura, scavò dei fossati e attrezzò il ponte levatoio di assiti e bolzoni. Successivamente, auspicando a tempi di pace, Ludovico II, nel 1468, sostituì il ponte levatoio con una costruzione più solida in muratura.
Nel 1484, come già detto, le forze alleate di Ferrara, Calabria e Mantova si scontrano contro le forze venete (specie Venezia) capeggiate dal Sanseverino.
In questo contesto, l’Architetto Luca Fancelli (il principale costruttore della fabbrica di Sant’Andrea in Mantova), viene incaricato dai Gonzaga di attrezzare i fortilizi del confine veronese, tra cui quindi anche Castiglione Mantovano: costruisce merli e mantelletti, colma d’acqua i fossati e inonda artificialmente le zone circostanti il castello. Un’intervento che si rese prezioso nel momento in cui i Castiglionesi, trovatisi coinvolti nella battaglia, poterono rifugiarsi nel castello, riuscendo a difendersi dagli attacchi esterni.
Verso la metà del ‘500, durante il ducato di Federico II, si sa che vengono svolti lavori di manutenzione ai ponti e alle fosse.
Nel 1582, risulta che le torri si presentassero addirittura mozzate e richiedessero un urgente intervento di ricostruzione; i Castiglionesi chiederanno in questo periodo al Duca di Mantova l’esenzione al pagamento delle tasse, con l’intento di concentrare i loro mezzi nel riparare quanto danneggiato.
Nonostante da questo momento in poi il castello funzionerà soltanto come punto di controllo e avvistamento verso il veronese, nel 1630 esso venne nuovamente danneggiato, quando Castiglione (come Mantova) fu abbandonata al saccheggio dei Lanzichenecchi.
Fin dalla metà del ‘700 esso viene annoverato come un fortilizio decisamente “dirupato o in ruina”; nonostante il suo stato di degrado, nemmeno dopo il 1707 (inizio della dominazione austriaca) esso verrà abbattuto.
Nel tempo, da costruzione militare il castello viene a trasformarsi in un organismo rurale assimilabile ad una corte, chiusa e di forma quadrata. Oggi, attraversando l’arco di ingresso a lato della torre d’entrata, si osserva una cortina continua di abitazioni sul lato sinistro e quello di fronte, oltre ad altre costruzioni rurali.
La casa padronale di questo organismo, ora solo parzialmente sopravvissuta, si innestava molto probabilmente direttamente alla torre d’entrata, come dimostrerebbe la rappresentazione del castello che fa da sfondo alla pala posta dietro l’altar maggiore della chiesa parrocchiale (Arch. Parrocchiale, 1600).

La Chiesa

Secondo una vecchia nota di don Luigi Bovini, la chiesa è dedicata a “Maria Ss. Dalla Natività” e non “alla Natività di Maria Ss.” come il popolo ritiene.
Fino al 1200, pare che la chiesa parrocchiale fosse situata entro le mura del Castellone; dopo la sua distruzione venne riedificata in altro sito con l’attuale costruzione e adibita ad oratorio romanico.
La facciata, molto semplice, è composta geometricamente da un quadrato concluso superiormente da un frontone; entro il quadrato si aprono tre portoni rettangolari sormontati da finestre semicircolari (Fig. 1).
Da documenti d’archivio, su scrittura di don Pinter, si sa che l’originaria chiesa romanica era ad una sola navata.
Fu nel 1860 che, per irrobustire la struttura, vennero introdotte le due file di massicce colonne in pietra; sono quindi da collocarsi in questa fase anche altri interventi derivanti da questo nuovo assetto: la volta a botte della navata centrale e le soffittature piane di quelle laterali. Da questa data la chiesa ha assunto l’aspetto che oggi ha e non ha più subito trasformazioni sostanziali.
Le colonne sono scandite da paraste di ordine gigante sorreggenti la trabeazione; in corrispondenza di esse, sulle murature laterali, la trabeazione è sorretta da semplici peducci. Nello spazio tra una colonna e l’altra sono inscritte le arcate dell’ordine minore.
L’altare maggiore si trova all’estremità della navata centrale ed è contenuto in un abside, due piccoli altari minori sono situati alle estremità delle navate laterali, altri due altari minori sono posti lateralmente sulle navate.
L’altar maggiore è l’unico ad avere valenza artistica, essendo in marmo di Verona; per accedervi vi sono tre gradini in marmo rosso, altri tre gradini in marmo innalzano l’altare dei candelabri. Il tabernacolo, costituito da quattro graziose colonnine e cupoletta, è del 1795, fatto costruire dall’allora parroco don Gasparini.
Il pavimento in graniglia è invece un’opera del 1935.
I banchi attuali sono del 1936, anno in cui quelli precedenti ammalorati, vengono sostituiti.
Il campanile, anch’esso elemento antico, probabilmente antecedente la chiesa, ha un’aspetto non certo slanciato, fu ristrutturato internamente nel 1934, ad opera del comune. Porta attualmente 4 campane (Fig. 2).

La Corte Alta

E’ una corte a configurazione chiusa, forse in origine fortificata. E’ ben rappresentata in un disegno acquerellato del Moscatelli Battaglia del 1687 (fig.3), dove appare in prospettiva ed è indicata come appartenente a Bonaventura Guerrieri Gonzaga. L’accesso era in origine costituito da una piccola torre passante; ad esso corrisponde, dalla parte opposta, un’altra torre colombaia pure passante. Questa torre può essere attribuita alla prima metà del ‘500, mentre il resto del complesso alla seconda metà dell’800. La casa padronale, come le abitazioni minori, sono poste sul lato sinistro, stalle portici e barchesse, su quello destro. Dietro la corte vi era indicato il “brolo”, delimitato da un lato dal canale Molinella e dagli altri da diramazioni del fosso Gardesana.
In via Dante Alighieri, 60 m circa a destra dell’ingresso della corte, si nota una curiosa torretta circolare, alla quale sono addossate altre costruzioni: se da un lato la si può ipotizzare come elemento d’angolo della corte originaria, bisogna tener conto che la già citata rappresentazione del Moscatelli Battaglia non evidenzia nessuna traccia di questa costruzione.